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L’importanza della boxe

Posted in miles davis with tags , , , on marzo 28, 2009 by milesdavis91

Sugar Ray Robinson

Prima di lasciarsi prendere dalla musica, il giovanissimo Miles era un fanatico dello sport, e la sua passione più grande era, ed è sempre stata, la boxe. Nella sua autobiografia ricorda le giornate passate, da ragazzino, alla radio durante gli incontri di Joe Louis e le feste dell’intera comunità di St. Louis ad ogni vittoria del loro eroe.

Ed è anche grazie alla boxe se Miles riuscì a dire basta all’incubo dell’eroina. Lo sguardo disgustato di Bobby McQuillen, mentre Miles, strafatto e ciondolante gli chiedeva di essere allenato. Il mito di Sugar Ray Robinson, una delle principali spinte a smettere con quella roba.

 

Dopo aver finalmente smesso con l’eroina, nel 1954 McQuillen accettò di allenarlo e insegnargli i segreti dei grandi campioni. Miles diceva che il pugilato è una scienza, una questione di precisione e non un massacro, come sostiene molta gente.

Secondo Miles, nella boxe come nella musica è necessario esercitarsi molto e in entrambe è possibile distinguere diversi stili.

Ma lo stile, per Miles, era fondamentale in qualsiasi cosa facesse, musica, pittura, moda o boxe. E lo stile non puoi impararlo naturalmente, c’è bisogno di qualcuno che ti insegni come fare certe cose nel modo corretto. Solo dopo che hai imparato il modo corretto di fare qualcosa, puoi farla come ti pare, sviluppando un tuo stile personale.

 

In questo periodo, Miles conobbe anche Sugar Ray, il suo grande idolo. Passavano molto tempo insieme agli allenamenti, agli incontri o nei locali insieme a molti altri pugili e musicisti. Oltre ad essere il re della boxe, Ray suonava anche la batteria e amava il jazz.

Nel 1954 Ray era tutto quello che Miles avrebbe voluto essere. Ad ogni allenamento o incontro, Sugar Ray era seguito da un anziano nero che chiamavano “Soldier” , non era il suo allenatore ma prima che Ray salisse sul ring, questo tizio gli si avvicinava e gli sussurrava qualcosa all’orecchio, Ray annuiva e spaccava il culo all’avversario di turno. Anche Miles volle trovarsi il suo “Soldier”, questo ruolo spettò a Gil Evans col quale aveva già collaborato nell’arrangiamento di Birth of the Cool.

Uscire dal tunnel?

Posted in miles davis with tags , , , , , , , , on marzo 25, 2009 by milesdavis91

miles davis
Nel 1951, Miles si trovava completamente nell’inferno della tossicodipendenza.
Pochi club, tra cui il prestigioso Birdland accettavano lui e la sua band, della quale facevano parte anche Sonny Rollins e un quasi ventenne Jackie McLean ma che già suonava alla grande.
Deciso a rimettere in sesto la sua reputazione, Miles, tornò anche ad esercitarsi per rimettere in forma le sue labbra. Inoltre nel 51 venne fuori una nuova tecnologia per registrare chiamata “microsolco” che consentiva di andare altre il limite dei 3 minuti e quindi suonare gli assolo come nei club. Nei 3 minuti imposti dai 78 giri non c’era abbastanza spazio per fare un improvvisazione, come invece avveniva nei locali. Miles sarebbe stato il primo musicista a registrare in studio un 33 giri. Per l’occasione chiamò Sonny Rollins, Art Blakey, Tommy Potter, Walter Bishop e Jackie McLean che era alla sua prima registrazione. Miles era in forma e aveva fatto provare molto tutta la band, cosi tutti suonarono veramente bene. L’album, registrato per la Prestige, venne chiamato Miles Davis All Stars. Charles Mingus suonò in “Conception” anche se il suo nome non compare poiché aveva un contratto in esclusiva con la Verve.

Nel ’52, Miles decise che era arrivato il momento di uscire dal tunnel, e pensò che la boxe avrebbe potuto aiutarlo. Era un appassionato e decise di chiedere di essere allenato a Bobby McQuillen, un ex pugile, era stato un grande peso welter finché non mollò dopo aver ucciso un tizio sul ring, e si mise ad allenare.
McQuillen lo guardò disgustato e gli rispose che non avrebbe mai allenato un tossico, che doveva tornare a casa a St. Louis e smettere con quella roba.
Dopo quelle parole, Miles, chiamò suo padre per farsi venire a prendere.
Ma nemmeno a casa, riuscì a star lontano dall’ago e senza nemmeno accorgersene era tornato a bucarsi. Arrivò ad urlare ed insultare suo padre all’interno del suo studio dentistico con tutta la gente a guardarlo stranita. Cosi il padre lo fece rinchiudere in galera per un po’, ma facendo in modo che quell’arresto non risultasse ufficiale. La prigione lo tenne lontano dall’eroina per un po’, ma appena uscì, bucarsi fu la prima cosa che fece.
Il padre lo portò nella prigione federale per i tossicomani per la riabilitazione, ma Miles convinse il padre che ne sarebbe uscito da solo e tornò a New York. Poco a poco ricadde nel vizio, continuando a ripetersi che prima o poi ne sarebbe uscito, si trattava solo di decidere il quando.

Il 1953 sembra l’anno del riscatto, Miles sembra in ottima forma e ottime sono le registrazioni di quell’anno. Ma l’eroina continua a tenere stretto il trombettista. Miles riusciva a sopravvivere con i soldi che tirava su dalle donne come pappone, si ritrovò a impegnare oggetti non suoi e perderli.
La stampa rivelò i nomi di molti dei musicisti tossici tra cui Miles Davis, e dopo che la cosa divenne di dominio pubblico, fu difficile trovare di nuovo lavoro.
Tornò per un po’ a St. Louis per ripulirsi, o almeno ci provò, ma con scarsi risultati.
Partì insieme a Max Roach e Charles Mingus per la California, giusto il tempo di suonare un po’ con Max, conoscere Frances Taylor, che più avanti sarebbe diventata la prima donna spostata legalmente, rischiare la prigione e ritornare a farsi di brutto.
Per la 3° volta tornò a casa per disintossicarsi, ma questa volta era convinto che ci sarebbe riuscito, molti musicisti avevano già smesso da tempo con quella roba, altri ne erano stati uccisi.
Arrivato alla fattoria del padre, decise di chiudersi a chiave nel piccolo appartamento di 2 stanze nella dependance di quell’enorme fattoria e rimanere li a superare da solo le sue crisi d’astinenza.
Miles parla di una sofferenza indescrivibile, dolori in tutto il corpo che andarono avanti per circa una settimana senza nemmeno riuscire a mangiare finché un giorno tutto finì. Finalmente fuori, pulito nuovamente affamato. Adesso bisognava rimettere in piedi la propria vita e carriera.