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Kind of Blue

Posted in miles davis with tags , , , , , , , , , , , , , on aprile 10, 2009 by milesdavis91

Nel 1958 Miles portò in sala di registrazione il sestetto con Coltrane, Adderley, Garland, Chambers e Philly Joe Jones per l’album Milestones. Ma durante la registrazione Red Garland mollò il gruppo, costringendo Miles a suonare il piano in “Sid’s Ahead”.

Quest’album è importante anche perché fu quello in cui Miles cominciò a scrivere in forma modale, usando questo stile nel pezzo che da il titolo al disco, avvicinandosi ad un modo di suonare più melodico e libero, seguendo le indicazioni sulla musica modale dettate dal pianista e teorico musicale George Russell. Fu proprio quest’ultimo che presentò a Miles il suo nuovo pianista, il bianco Bill Evans, per sostituire Garland.

 

In quell’anno, molti dei suoi musicisti iniziarono a voler mollare per dedicarsi ai propri progetti, primo fra tutti John Coltrane seguito da Cannonball. Mentre Philly Joe era già stato sostituito da Jimmy Cobb alla batteria, poco dopo l’arrivo di Bill.

Ma ciò che più colpì Miles, fu che anche Bill Evans, dopo soli 7 mesi, voleva lasciare la band. Anche Bill voleva, naturalmente, suonare la sua musica con un proprio gruppo, ma ciò che spinse Bill a mollare, nel novembre del 58, erano soprattutto le critiche dei musicisti neri verso l’unico bianco della band. Così nel febbraio del ’59, Miles prese Wynton Kelly al piano, che suonava uno stile a metà tra quello di Garland (che era temporaneamente tornato dopo l’uscita di Bill) e quello di Bill Evans.

 

Ma il 1959 è un anno importante per la storia del jazz, l’anno dell’album considerato il capolavoro di Miles Davis, Kind of Blue. Le registrazioni iniziarono il primo o il 2 marzo del 1959, il sestetto era formato da Miles, Trane, Jimmy Cobb, Paul Chamber, Cannonball e Bill Evans che aveva accettato di partecipare a quell’album, nonostante fosse già fuori dal gruppo, poiché Miles aveva costruito quell’album attorno al modo di suonare di Bill. Wynton Kelly, ormai il pianista ufficiale di Miles, suonò soltanto in “Freddie Freeloader”, brano che prendeva il nome di un ragazzo nero che Miles conoscevo e che girava nell’ambiente del jazz cercando sempre di ottenere qualcosa gratis dalla gente.

 

Kind of Blue fu terminato in sole 2 registrazioni, in marzo ed aprile. L’album segue lo stile modale iniziato con Milestones. Nelle intenzioni iniziali di Miles c’era anche il sound del gospel che sentiva da ragazzino nell’Arkansas, voleva riprodurre il feeling di quella musica nera. E provò a farlo iniziando a scrivere un blues, ma poi ogni musicista mette la propria creatività e fantasia e la musica cambia direzione. C’è anche l’influenza di certi compositori di musica classica che Bill Evans fece scoprire a Miles.

In sala di registrazione, Miles non portò nulla di scritto a parte qualche abbozzo per ciascuno, perché voleva molta spontaneità in quel lavoro, voleva che ognuno aggiungesse la propria personalità nell’album. Non vi furono nemmeno prove per quell’album, nessuno dei musicisti sapeva cosa avrebbe suonato, prima di entrare in sala e vedere i miseri abbozzi di Miles. Eppure tutto fu registrato alla prima, perché quelli erano dei musicisti grandiosi.

 

L’album, fra i capolavori più venduti del jazz, rimane ancora un pilastro fondamentale nel mondo della musica, per quanto Miles sostenesse di non essere riuscito a riprodurre l’esatto suono che aveva in mente, ovvero il suono del pianista africano che, tempo prima, aveva ascoltato con Frances allo spettacolo del Ballet Africaine di Guinea. Ma l’album ebbe talmente successo che quando Miles diceva di non essere riuscito a realizzare ciò che aveva in mente veniva subito guardato come se fosse pazzo. Ma il segreto di quel pianista era il suo essere africano, e Miles sapeva molto bene che, non essendo africano, si sarebbe potuto solo limitare ad avvicinarsi a quel suono, ma non sarebbe mai riuscito a copiarlo. Bisognava essere nato in Africa per avere quella musica dentro il cuore.

Bisogno di un nuovo stile

Posted in miles davis with tags , , , , , , on aprile 3, 2009 by milesdavis91

video dal film “Ascensore Per Il Patibolo” (Ascenseur pour l’échafaud, 1958) di Louis Malle

 

Nonostante il successo, Trane era completamente perso nell’eroina, e questo faceva incazzare di brutto Miles, che gli voleva un gran bene e non sopportava di vederlo distruggersi in quel modo. Così per ben due volte, nell’ottobre del ’56 e nel marzo del ‘57, Miles licenziò Trane affinché la smettesse con quella roba. Nel maggio del 1957, durante le registrazioni di Miles Ahead arrangiato con Gil Evans, Trane era riuscito a disintossicarsi e stava facendo spettacolo nel gruppo di Monk.

 

Poco tempo dopo, mentre si trovava a Parigi come solista ospite, grazie a Juliette Greco conobbe il regista Louis Malle, suo grande fan, che gli chiese di scrivere la colonna sonora del suo nuovo film, Ascensore per il patibolo. Fu la sua prima colonna sonora, scritta, registrata e improvvisata durante la visione delle scene appena filmate. Il film trattava di un omicidio e per dare la giusta atmosfera alla musica, Miles decise di far suonare i musicisti in un vecchio edificio scuro e cupo con risultati eccezionali.

 

Tornato a New York, Miles diede vita ad uno straordinario sestetto con John Coltrane al sax tenore e Cannonball Adderley al contralto aggiunti ai già presenti Red Garland al piano, Philly Joe alla batteria e Paul Chamber al basso. Era arrivato il momento di creare un nuovo stile musicale, il tempo del be-bop era passato, sostituito dal cool jazz (che Miles non si stancò mai di affermare che fosse nato da Birth of the Cool) ma che proveniva dalla musica di Duke Ellington, solo resa un po’ più bianca. Poi era arrivato l’hard bop, semplicemente un ritorno al blues e alla musica di Bird e Dizzy.

Adesso per Miles era arrivato il tempo del “levare piuttosto che aggiungere”, del suono asciutto e con poche note. Stava cercando una musica che tornasse ad essere africana ed orientale, che fosse libera e modale. Voleva che i suoi musicisti prendessero coscienza delle proprie capacità e che si spingessero oltre, perché è in quell’oltre che la vera musica viene fuori.